Il
silenzio dei miei studenti che non sanno più ragionare
L'ottimismo,
anche se temperato dal dubbio e dal buon senso, è un dovere di ogni insegnante,
che deve comunicare ai suoi alunni sempre e comunque un po' di fiducia nella
vita. Dunque anche io cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno, di incoraggiare
ogni volontà di miglioramento e di rimarcare gli aspetti più belli
dell'esistenza.
Eppure
da un po' di tempo un pensiero atroce si è installato nella mia mente, mi tormenta, mi
perseguita, e ormai sono arrivato al punto di doverlo assolutamente comunicare a chi per età, lavoro, interessi, è lontano dal mondo dei ragazzi.
La cosa è questa: a me sembra che sia in corso un genocidio di cui pochi si
stanno rendendo conto. A essere massacrate sono le intelligenze degli
adolescenti, il bene più prezioso di ogni società che vuole distendersi verso
il futuro.
Non
dovete prendere questa mia affermazione in modo metaforico, e non dovete neanche
pensare a una delle solite tirate contro i giovani che non hanno voglia di fare
niente, che disprezzano i valori alti e la cultura. Non si tratta di denunciare
un certo naturale menefreghismo e nemmeno l'inclinazione ossessiva al consumo
che dimostarno i gruppi giovanili. La mia non è la sparata moralistica di chi
rimpiange i bei tempi in cui i ragazzi leggevano tanti libri e facevano tanta
politica. Io sto notando qualcosa di molto più grave, e cioè che gli
adolescenti non capiscono più niente.
I
processi intellettivi più semplici, un'elementare operazione matematica, la
comprensione di una favoletta, ma anche il semplice resoconto di un pomeriggio
passato con gli amici o della trama di un film, sono diventati compiti sovrumani
di fronte ai quali gli adolescenti rimangono a bocca aperta, in silenzio. Le
qualità sentimentali sono rimaste intatte, i miei alunni amano, odiano, fanno
amicizia, si emozionano, si indignano, arrossiscono, ridono, piangono, tutto come
sempre - male capacità logiche, mentali, paiono irreparabilmente compromesse.
In
ogni classe ormai ci sono almeno due o tre studenti che hanno bisogno
dell'insegnante di sostegno: voi penserete che si tratti di ragazzi affetti da
qualche handicap fisico o da qualche grave disturbo mentale, ma spesso non è
così. All'inizio è persino difficile distinguerli dagli altri, perché nella
classe paiono tutti ugualmente storditi, come si i cervelli avessero subito
qualche lieve ammaccatura. Questi quindicenni sono sani e pressoché normali, e
a me sembrano solamente l'avanguardia di un mondo diretto verso le tenebre.
Semplicemente non capiscono niente, non riescono a connettere i dati più
elementari, a stabilire dei nessi anche minimi tra i fatti che accadono davanti
a loro, che accadono a loro stessi. Ripeto: sono appena più inebetiti degli
altri, come se li precedessero di qualche metro appena nel cammino verso il
nulla.
Loro
vengono considerati ragazzi in difficoltà, ma i compagni di banco, quelli della
fila davanti o dietro, stanno quasi nelle stesse condizioni. Gli insegnanti si
fanno in quattro, cercano di rendere le lezioni più chiare, più dirette, si
disperano e si avviliscono, ma non c'è niente da fare, le parole si perdono nel
vento, sono semi che rimbalzano su una terra asciuttissima che non fiorisce mai.
La
cosa più triste è che questo deficit progressivo dell'intelligenza si nota
soprattutto nei ragazzi delle classi sociali più povere. I giovani borghesi
hanno in casa libri, dischi e computer, hanno genitori ambiziosi e fratelli in
carriera, hanno cento stimoli in più per andare avanti decifrando in qualche
modo la realtà. I giovani delle borgate sono avvolti da un'ottusità che fa
male. Veramente non capiscono nemmeno chi sono e cosa stanno facendo, spesso non
sanno più incollare una parola all'altra, un pensierino a un altro pensierino.
Sono perduti a una demenza progressiva e spaventosa. Crescono rintronati dalla
televisione, dalla pubblicità e da miti bugiardi, da una promessa di felicità
a buon mercato, da mille sirene che cantano a squarciagola, e accanto a loro non
c'è altro che riesca a farsi spazio. E così, poco alla volta, perdono ogni
facoltà intellettiva, fino a diventare totalmente ottusi.
Sia
chiaro: il problema non è che non sappiano nulla di una guerra imminente o
dell'Europa unita o di chi ha vinto l'ultimo festival del cinema a Venezia; il
problema è che non riescono a ragionare su nessun argomento, perché qualcosa
nella testa si è sfasciato. Vi prego di credermi, non sono un apocalittico, non
grido al lupo al lupo solo per creare apprensione. Sono semplicemente un
testimone quotidiano di una tragedia immensa. Il nostro mondo è in pericolo non
solo per l'inquinamento, la violenza, l'ingiustizia, il prosciugamento delle
risorse prime. La nostra civiltà rischia grosso soprattutto perché la
confusione sta producendo esseri disadattati, creature che non saranno in grado
di cavarsela, milioni di giovani infelici che strada facendo - la strada che noi
adulti abbiamo disegnato - hanno perduto il pensiero. Dopo essersi spente nelle
campagne, le lucciole ora si stanno spegnendo anche nelle teste.