TITOLO I
Della libertà e dignità del lavoratore
Articolo 1 (Libertà di opinione)
Articolo 2 (Guardie giurate)
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli
articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero
773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Le guardie giurate non possono
contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del
patrimonio aziendale. E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza
sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere
nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non
eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo
comma. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove presso il
questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da
parte del prefetto nei casi più gravi.
Articolo 3 (Personale di vigilanza)
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
Articolo 4 (Impianti audiovisivi)
E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.Gli impianti e le
apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive
ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo
a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo
accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede
l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di
cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze
sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro
un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le
prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti. Contro i
provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il
datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la
commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19
possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per
il lavoro e la previdenza sociale.
Articolo 5 (Accertamenti sanitari)
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla
infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze
per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli
istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di
lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica
del lavoratore da parte di enti pubblici e di istituti specializzati di diritto pubblico.
Articolo 6 (Visite personali di controllo)
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi
in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione
alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. In tali casi
le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite
all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del
lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti
alla collettività o a gruppi di lavoratori. Le ipotesi nelle quali possono essere
disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo
comma del presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di
lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede
l'Ispettorato del lavoro. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di cui al
precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in
mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al
successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del
provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Articolo 7 (Sanzioni disciplinari)
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione
alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle
stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo
accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e
contratti di lavoro ove esistano (1). Il datore di lavoro non può adottare alcun
provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente
contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa (1). Il lavoratore potrà farsi
assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce
mandato (1). Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 (2), non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del
rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a
quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per
più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero
verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla
contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Salvo analoghe procedure
previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire
l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione
disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo
dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato,la costituzione,
tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di
conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un
terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore
dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da
parte del collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni
dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in
seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se
il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa
fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni
disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
Articolo 8 (Divieto di indagini sulle opinioni)
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel
corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di
terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti
non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
Articolo 9 (Tutela della salute e
dell'integrità fisica)
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure
idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
Articolo 10 (Lavoratori studenti)
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in
scuole di istruzione primaria,secondaria e di qualificazione professionale, statali,
pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio
legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la
preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o
durante i riposi settimanali. I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che
devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri
retribuiti. Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni
necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
Articolo 11 (Attività culturali, ricreative e
assistenziali e controlli sul servizio di mensa) (3)
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda
sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori. Le
rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma dell'art. 19, hanno diritto di
controllare la qualità del servizio di mensa secondo modalità stabilite dalla
contrattazione collettiva (4).
Articolo 12 (Istituti di patronato)
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei compiti di cui al
D.Lgs.C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la
loro attività all'interno dell'azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi
aziendali.
Articolo 13 (Mansioni del lavoratore)
L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente: Il
prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a
quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero
a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della
retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al
trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene
definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente
con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti
collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una
unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive. Ogni patto contrario è nullo.
TITOLO II
Della libertà sindacale
Articolo 14 (Diritto di associazione e di attività
sindacale)
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere
attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro.
Articolo 15 (Atti discriminatori)
E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a: a) subordinare l'occupazione
di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale
ovvero cessi di farne parte; b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione
di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli
altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della
sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si
applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa,
razziale, di lingua o di sesso (5).
Articolo 16 (Trattamenti economici collettivi
discriminatori)
E' vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore
aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15. Il pretore, su domanda dei
lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma
precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati
i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento
pensioni, di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore
illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Articolo 17 (Sindacati di comodo)
E' fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di
lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni
sindacali di lavoratori.
Articolo 18 (Reintegrazione nel posto di
lavoro)
Ferme restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7
della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace
il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento
intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma
della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in
ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo
il licenziamento occupa alle sue dipendenze può di quindici prestatori di lavoro o più
di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di
lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non
imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed
alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque
dipendenti,anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge
tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che
occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro (6). Ai fini del computo
del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche dei lavoratori
assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a
tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto
dalla contrattazione collettiva del settore.Non si computano il coniuge ed i parenti del
datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale (6). Il
computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti
che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie (6). Il giudice con la sentenza di cui
al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal
lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità
stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del
licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi
assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva
reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a
cinque mensilità di retribuzione globale di fatto (6). Fermo restando il diritto al
risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è
data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel
posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di
fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di
lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla
comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di cui al presente
comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti (7). La
sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta
del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in
ogni stato e grado del giudizio di merito,può disporre con ordinanza, quando ritenga
irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. L'ordinanza di cui al comma precedente
può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si
applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del
codice di procedura civile. L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la
causa. Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di
lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui
al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di
una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III
Dell'attività sindacale
Articolo 19 (Costituzione delle rappresentanze
sindacali aziendali)
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa
dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito: a) a b r o g a t o; b) delle
associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi lavoro applicati
nell'unità produttiva. Nell'ambito di aziende con più unità produttive le
rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.
Articolo 20 ( Assemblea)
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui
prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro,
nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione.
Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva. Le riunioni
- che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette,
singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità
produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo
l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro. Alle riunioni
possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato
che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale. Ulteriori modalità per
l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di
lavoro, anche aziendali.
Articolo 21 (Referendum)
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento, fuori
dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti
all'attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i
lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità
produttiva e alla categoria particolarmente interessata. Ulteriori modalità per lo
svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro
anche aziendali.
Articolo 22 (Trasferimento dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali)
Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze
sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di
commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni
sindacali di appartenenza. Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto,
quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese
successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle
elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è
cessato l'incarico per tutti gli altri.
Articolo 23 (Permessi retribuiti)
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo
19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti. Salvo
clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di
cui al primo comma almeno: a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale
nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la
stessa è organizzata; b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna
rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3.000
dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata; c) un dirigente ogni 500 o
frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza
sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero
minimo di cui alla precedente lettera b). I permessi retribuiti di cui al presente
articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle
lettere b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi
retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente. Il
lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne
comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le
rappresentanze sindacali aziendali.
Articolo 24 ( Permessi non retribuiti)
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a
permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e
convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno. I lavoratori
che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne comunicazione
scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze
sindacali aziendali.
Articolo 25 ( Diritto di affissione)
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su
appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi accessibili
a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati
inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
Articolo 26 (Contributi sindacali)
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera
di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro,
senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale.
Articolo 27 ( Locali delle rappresentanze sindacali
aziendali)
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone
permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l'esercizio
delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle
immediate vicinanze di essa. Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti
le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano
richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV
Disposizioni varie e generali
Articolo 28 (Repressione della condotta
antisindacale)
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad
impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del
diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali
nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il
comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte
sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma,
ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la
cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. L'efficacia
esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in
funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma
successivo (8). Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla
comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore in funzione di giudice
del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni
degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile (9). Il datore di lavoro che
non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio
di opposizione è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. L'autorità
giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall'articolo 36 del codice penale. Se il comportamento di cui al primo comma è posto in
essere da una amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico, l'azione
è proposta con ricorso davanti al pretore competente per territorio(10). Qualora il
comportamento antisindacale sia lesivo anche di situazioni soggettive inerenti al rapporto
di impiego, le organizzazioni sindacali di cui al primo comma, ove intendano ottenere
anche la rimozione dei provvedimenti lesivi delle predette situazioni, propongono il
ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che
provvede in via di urgenza con le modalità di cui al primo comma.Contro il decreto che
decide sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle
parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che decide con sentenza immediatamente
esecutiva(11).
Articolo 29 (Fusione delle rappresentanze
sindacali aziendali)
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 si
siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle lettere a) e b)
del primo comma dell'articolo predetto, nonché nella ipotesi diffusione di più
rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si
intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate
nella unità produttiva. Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie
consegua alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma
dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze
sindacali aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo 23, secondo comma, ovvero del
primo comma del presente articolo restano immutati.
Articolo 30 (Permessi per i dirigenti
provinciali e nazionali)
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle
associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme
dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
Articolo 31 (Aspettativa dei lavoratori
chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e
nazionali)
I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del
Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni
pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita,
per tutta la durata del loro mandato (12). La medesima disposizione si applica ai
lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali. I periodi di
aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta
dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della
misura della pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria di cui al regio
decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche e d'integrazioni, nonché a
carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive
della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero. Durante i periodi di
aspettativa l'interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a
carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime. Le
disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei
lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per
malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa (13).
Articolo 32 (Permessi ai lavoratori chiamati a
funzioni pubbliche elettive)
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che
non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta, autorizzati ad
assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario all'espletamento del mandato,
senza alcuna decurtazione della retribuzione. I lavoratori eletti alla carica di sindaco o
di assessore comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore
provinciale hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore
mensili (14).
TITOLO V
Norme sul collocamento
Articolo. 33 (Collocamento)
La commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26 della legge 29
aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni zonali, comunali e
frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, quando ne
facciano richiesta le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative. Alla
nomina della commissione provvede il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, il quale, nel richiedere la designazione dei rappresentanti dei
lavoratori e dei datori di lavoro,tiene conto del grado di rappresentatività delle
organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di 15giorni, decorso il quale provvede
d'ufficio. La commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale,
frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti. In caso di
parità prevale il voto del presidente. La commissione ha il compito di stabilire e di
aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro,
secondo i criteri di cui al quarto comma dell'articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n.
264 (15). Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di
collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla
graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la
sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell'ufficio con la indicazione
degli avviati. Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che
pervengono dalle ditte. La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per
l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro
tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di motivata
urgenza, l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di collocamento e deve
essere convalidato dalla commissione di cui al primo comma del presente articolo, entro
dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere
data motivazione scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la
sezione di collocamento e l'altra presso il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro.
Tale motivazione scritta deve essere immediatamente trasmessa al datore di lavoro
richiedente. Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci
entro venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati possono
inoltrare ricorso al direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via
definitiva, su conforme parere della commissione di cui all'articolo 25 della legge 29
aprile 1949, n. 264 (16). I turni di lavoro di cui all'articolo 16 della legge 29 aprile
1949, n. 264 (16), sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono essere
modificati dalla sezione. Il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla
d'ufficio i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in contrasto
con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore dell'ufficio provinciale
del lavoro è ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. Per il
passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra occorre il nulla
osta della sezione di collocamento competente. Ai datori di lavoro che non assumono i
lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento, sono applicatele sanzioni previste
dall'articolo 38 della presente legge. Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n.
264 (16), rimangono in vigore in quanto non modificate dalla presente legge (17).
Articolo 34 (Richieste nominative di
manodopera)
A decorrere dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente
legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro sono ammesse
esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di lavoro, per i
lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette categorie di lavoratori
altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, sentita la commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n.
264 (16).
TITOLO VI
Disposizioni finali e penali
Articolo 35 (Campo di applicazione)
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del titolo III,
ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si applicano a
ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di
quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che
occupano più di cinque dipendenti (18). Le norme suddette si applicano, altresì, alle
imprese industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di
quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano
più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata,
non raggiunge tali limiti. Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15,
16 e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla
presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante (19).
Articolo 36 (Obblighi dei titolari di benefici
accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere pubbliche)
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle
vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente
un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di
opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per il
beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori
dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro
della categoria e della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di
realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in
cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo
Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Ogni infrazione al suddetto obbligo
che sia accertata dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai Ministri
nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto.
Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi
più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere l'esclusione del responsabile, per un
tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o
creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Le disposizione di cui ai commi precedenti si
applicano anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero di
appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro comunica direttamente
le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
Articolo 37 (Applicazione ai dipendenti da
enti pubblici)
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di
lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente
prevalentemente attività economica. Le disposizioni della presente legge si applicano
altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la
materia sia diversamente regolata da norme speciali.
Articolo 38 (Disposizioni penali)
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma lettera a),
sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da lire
100.000 a lire un milione o con l'arresto da 15 giorni ad un anno. Nei casi più gravi le
pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente. Quando per le condizioni
economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche
se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo. Nei casi
previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza
penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
Articolo 39 (Versamento delle ammende al Fondo
adeguamento pensioni)
L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei
lavoratori.
Articolo 40 (Abrogazione delle disposizioni
contrastanti)
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge
è abrogata. Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi
sindacali più favorevoli ai lavoratori.
Articolo 41 (Esenzioni fiscali)
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente
legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e documenti relativi
ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di
qualsiasi altra specie e da tasse.
Note
(1) Con sentenza 29-30 novembre 1982, n. 204 (Gazz. Uff. 9 dicembre 1982, n. 338), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 7, commi primo, secondo e terzo, interpretati nel senso che siano inapplicabili ai licenziamenti disciplinari, per i quali detti commi non siano espressamente richiamati dalla normativa legislativa, collettiva o validamente posta dal datore di lavoro.
(2) La stessa Corte, con sentenza 18-25 luglio 1989, n. 427 (Gazz. Uff. 2 agosto 1989, n. 31, Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 7, commi secondo e terzo, nella parte in cui è esclusa la loro applicabilità al licenziamento per motivi disciplinari irrogato da imprenditore che abbia meno di sedici dipendenti.
(3) Rubrica così modificata dall'art. 6, D.L. 11 luglio 1992, n. 333.
(4) Comma aggiunto dall'art. 6, D.L. 11 luglio 1992, n. 333.
(5) Comma così sostituito dall'art. 13, L. 9 dicembre 1977, n. 903.
(6) I primi cinque commi hanno così sostituito i commi primo e secondo per effetto dell'art. 1, L. 11 maggio 1990, n. 108.
(7) I primi cinque commi hanno così sostituito i commi primo e secondo per effetto dell'art. 1, L. 11 maggio 1990, n. 108.
(8) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 8 novembre 1977, n. 847 (Gazz. Uff. 28 novembre 1977, n. 324).
(9) Comma così sostituito dall'art. 3, L. 8 novembre 1977, n.
847 (Gazz. Uff. 28 novembre 1977, n. 324). Gli artt. 1 e 4 della citata legge hanno,
inoltre, così disposto:
"Art. 1. Nelle controversie previste dall'art. 28 della L. 20 maggio 1970, n. 300,
ferme restando tutte le norme del procedimento speciale, si osservano, in quanto
applicabili, le disposizioni della L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 4. I procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge sono
definiti, secondo ledisposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura
civile, dal giudice del lavoro presso l'ufficioche ne conosceva in base alle norme di
competenza anteriormente in vigore.
L'appello contro la sentenza pronunciata dal tribunale a seguito di opposizione già
prevista nel terzo comma dell'art. 28 della L. 20 maggio 1970, n. 300, si propone alla
Corte d'appello, secondo le norme di cui alla L. 11 agosto 1973, n. 533".
(10) Comma aggiunto dall'art. 6, L. 12 giugno 1990, n. 146.
(11) Comma aggiunto dall'art. 6, L. 12 giugno 1990, n. 146.
(12) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 13 agosto 1979, n. 384.
(13) Vedi, anche, l'art. 16-ter, D.L. 2 marzo 1974, n. 30. L'articolo unico L. 9 maggio 1977, n. 210 (Gazz. Uff. 21maggio 1977, n. 137) ha così disposto: "Articolo unico. - Le limitazioni previste dall'ultimo comma dell'art. 31 della L. 20 maggio 1970, n. 300, si applicano ai lavoratori che durante il periodo di aspettativa esplicano attività lavorativa che comporti forme di tutela previdenziale a carico dell'assicurazione generale obbligatoria di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero a carico di fondi sostitutivi, esclusi o esonerativi dell'assicurazione predetta".
(14) Vedi, ora, l'art. 28, L. 27 dicembre 1985, n. 816.
(15) Vedi il D.M. 19 maggio 1973.
(16) Vedi il D.M. 19 maggio 1973.
(17) Vedi, ora, l'art. 1, L. 28 febbraio 1987, n. 56.
(18) Comma così modificato dall'art. 6, L. 11 maggio 1990, n. 108.
(19) Con sentenza 26 marzo 1987, n. 96 (Gazz. Uff. 8 aprile 1987, n. 15 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 10 della L. 15 luglio 1966, n. 604, nella parte in cui non prevede l'applicabilità della legge stessa al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione; nonché l'illegittimità dell'art. 35, terzo comma, della L. 20 maggio 1970, n. 300, nella parte in cui non prevede la diretta applicabilità al predetto personale anche dell'art. 18 della stessa legge. Con altra sentenza 17-31 gennaio 1991, n. 41 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1991, n. 6 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 35, terzo comma, nella parte in cui non prevede la diretta applicabilità al personale navigante delle imprese di navigazione aerea anche dell'art. 18 della stessa legge n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108. La stessa Corte con sentenza 11-23 luglio 1991, n. 364 (Gazz. Uff. 31 luglio 1991, n. 30 Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 35, terzo comma, nella parte in cui non prevede la diretta applicabilità al personale navigante delle Imprese di navigazione dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970.